top of page

La foto vincitrice del World Press Photo non dovrebbe essere premiata:

la polemica nata da uno scatto

di Arianna Aguirre

Il World Press Photo, organizzato dall’omonima organizzazione olandese, è forse il più prestigioso concorso di fotogiornalismo a livello mondiale. L’efficace percezione visiva e l’importanza giornalistica dell’evento catturato sono alcuni dei criteri di valutazione che determinano la scelta del vincitore. Per il primo classificato è messo in palio un premio in denaro di 10.000 dollari ed un’attrezzatura Canon di ultima generazione. Insomma, “mica spicci”! La foto vincitrice di quest’anno, scattata dal fotografo turco Burhan Ozbilici, immortala il drammatico momento dopo l’uccisione dell’ambasciatore russo Andrej Karlov durante l’inaugurazione di una mostra il 19 dicembre 2016 ad Ankara. Nell’immagine il volto dell’assassino, che punta il dito in alto, è carico di tensione e rabbia mentre il corpo della vittima giace al suolo. La scelta della foto vincitrice ha fatto discutere molto: per gli esperti del settore è una decisione inaspettata, dal momento che per anni il World Press Photo aveva preferito premiare fotografie che privilegiassero l’importanza “oggettiva” dell’evento, spesso trascurando l’intensità del momento. Questi fattori hanno aperto un dibattito mondiale, alimentato dalle opinioni contrastanti degli esperti che si sono interrogati sui limiti a cui il fotogiornalismo si può spingere, nella ricerca ossessiva della verità. 

Secondo Stuart Franklin, ex presidente della Magnum Photos (2006-2009), la scelta di premiare la foto comporterebbe delle conseguenze: infatti, il rischio è quello di amplificare il messaggio del terrorista, attraverso la pubblicità e la risonanza mediatica rivolta normalmente al primo classificato. A prescindere dalla bravura del fotografo, capace di inquadrare rapidamente il momento, è innegabile che Ozbilici abbia svolto il ruolo di tramite tra l’attentatore ed il pubblico. L’azione del terrorista era stata premeditata da tempo: infatti, la presenza dei giornalisti era fondamentale per dare clamore al suo gesto sovversivo. In sostanza premiare questa foto, stando all’opinione di Stuart Franklin, sarebbe come confessare che siamo attratti dalla spettacolarità, con il rischio di trasformare in eroe un assassino megalomane. Non condivido del tutto questo parere: credo che l’immagine meriti il primo posto, sottolineando però il contesto e le problematiche. Se ripenso ad alcuni mostri sacri del fotogiornalismo, come Robert Capa o Sebastião Salgado, vedo attraverso i loro reportage la voglia di denunciare con voce ferma e autorevole la miseria e la disperazione di quanti vivono in condizioni misere, spesso ignorati dal mondo. I fotoreporter sono alla ricerca di storie e spesso mettono a rischio la propria vita per rompere il muro del silenzio con l’aspettativa di ispirare il cambiamento. Nella foto vincitrice vedo questo: il clima d’odio che si respira nella nostra epoca, una realtà evidente che mostra come la sete di fama e di autocelebrazione porti a gesti estremi. Non premiare la foto equivarrebbe a negare la condizione di odio e paura in cui viviamo.

La foto vincitrice di Burhan Ozblici

bottom of page