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APOLLO E DAFNE

di Chiara Marsano

Sentì uno strano dolore al petto. Abbassò lo sguardo e riuscì a vedere, piantata sul cuore, una freccia dorata che dopo qualche istante svanì. Fu una cosa veloce e se fosse stato colpito nel sonno probabilmente nemmeno se ne sarebbe accorto. Sulla sua pelle liscia e perfetta rimase soltanto una polvere luminosa; anche questa non tardò a sparire. Fu come se non fosse successo nulla.
Alzò lo sguardo e vide, davanti a sé, la bellissima Dafne e si accorse che il dolore rimaneva vivo, anche se non aveva alcuna ferita visibile sul corpo; sapeva bene che le frecce di Eros non ne provocavano.
Guardava il bel corpo della ninfa, così sottile, così armonioso. I capelli del colore del grano le scivolavano dolcemente lungo la schiena e la pelle pallida rifletteva la luce.
Sentì qualcosa di potente muoversi dentro al suo corpo, tanto potente da far tremare le vene dei polsi. Si sentiva pronto a distruggere il mondo e l’Olimpo, tutti e due insieme, ma allo stesso tempo si sentiva debole, fiacco, come mai gli era successo prima di allora. Voleva poterle toccare le mani, seguire con le dita la linea perfetta che conduceva dal braccio fino al collo, voleva poi accarezzarle il viso e baciare le sue labbra morbide e piegate in un leggero sorriso.
Capì di essere innamorato di Dafne.
Quindi quello che provava era il famoso ‘amore’, quello per cui gli uomini tanto lottavano?
Non credette possibile che una cosa del genere fosse capitata a lui.
Quando però alzò lo sguardo, lei non c’era più.
Tentò di mettere a tacere quella sensazione che gli divorava le membra, almeno quel tanto che gli sarebbe bastato per trovarla. Dafne doveva essere sua.

Anche lei aveva sentito un dolore al petto, ma abbassando lo sguardo aveva visto che la freccia che l’aveva colpita era di piombo.
Il suo dolore era sparito immediatamente, ma provava una sorta di angoscia che le stringeva il collo, le impediva di respirare. Capì immediatamente che Eros, con lei, era stato ingiusto. Sapeva che non sarebbe mai stata in grado di amare il dio del Sole.
Era inginocchiata, ma immediatamente si alzò per correre e fuggire via. Apollo doveva starle lontano, non voleva essere toccata da lui.
Si muoveva veloce nel bosco, la sua dimora; conosceva a memoria  i luoghi più bui e nascosti, ma la paura le aveva afferrato tutti i pensieri e non riusciva a ricordarne più nessuno.

Apollo sentì dei passi svelti perdersi tra la vegetazione, ma la ninfa era silenziosa e, dopo i primi momenti, non riuscì più a sentirla. Camminò a lungo tra gli arbusti, senza riuscire a scorgere qualche indizio che gli mostrasse la strada più breve per raggiungerla.
Sentiva il bisogno innato di dimostrarle il suo amore, di farle capire quanto fosse forte, puro, reale. La sua testa pulsava per le troppe parole d’amore che non aveva ancora pronunciato.
Pensò che non sarebbe potuto andare avanti in quel modo, sarebbe impazzito se non l’avesse trovata subito.

Dafne poggiò la schiena contro la ruvida corteccia di un albero. Era stanca, la corsa le aveva tolto quasi tutte le forze. Si sentiva impotente e sommersa da ciò che le stava accadendo.
Odiava la situazione e soprattutto odiava l’incapacità di poter reagire ai sentimenti che provava. Calde lacrime le scivolavano sul viso e cadevano nel verde di una foresta che la nascondeva da un amore che non poteva ricambiare.
Era sopraffatta dalla repulsione che provava nei confronti di Apollo e distrutta dal pensiero di non poter ricambiare il suo amore. Si sforzò molto, ma non ci riuscì. Nei suoi confronti provava soltanto paura e... indifferenza. Si chiedeva perché, perché fosse successo proprio a lei e non ad un’altra. Voleva amarlo, ci provava con tutta se stessa, ma la freccia di piombo glielo rendeva impossibile.

Apollo era troppo pieno d’amore per rendersi conto di subire la vendetta di Eros. La sua mente non fu nemmeno sfiorata dal pensiero che averlo deriso per i suoi presunti insuccessi avrebbe provocato una reazione; eppure lo sapeva che tutti gli dei sono suscettibili. Il dio dell’Amore non fu da meno e si vendicò facendolo innamorare perdutamente di qualcuno che non avrebbe mai potuto ricambiare il suo amore. Voleva dimostrare la potenza di questo sentimento e ci riuscì.
Apollo infatti non era più la stessa persona: una semplice freccia aveva sconvolto la sua personalità e prodotto in lui emozioni mai provate prima.
Cominciò a correre, alla ricerca di un amore che gli sfuggiva di più ad ogni passo.

Ma lei era sfinita, non voleva più continuare questa fuga che sembrava dover proseguire in eterno. Asciugò le lacrime dal suo viso e si avvicinò al corso d’acqua che scorreva lì vicino, sacro al padre.
Decise di porre fine alla sofferenza che entrambi stavano provando.
Lui l'aveva quasi raggiunta e cercò di non farla andare via, le disse di restare, le disse di amarla, ma ogni sua parola e ogni suo passo verso di lei allontanavano di più la ninfa.
Il caos, la creazione del mondo, niente avrebbe fatto più rumore di quell’urlo che squarciò il cielo. Dafne era esausta e gridò così forte da far tremare tutta la terra e se ciò non è ritenuto possibile, fece tremare perlomeno la terra sotto i piedi di Apollo.
Invocò sua madre, Gaia, e suo padre, il dio del fiume Peneo. Non seppe mai chi dei due fu così benevolo con lei da concederle di sparire.
Mentre correva si voltò un’ultima volta verso Apollo, lo guardò e lui la toccò, ma ormai era tardi.
I suoi piedi delicati erano già trasformati in robuste radici e le sue braccia si stavano ramificando. La trasformazione fu veloce, lui non ebbe nemmeno il tempo di avvolgerla con un abbraccio perché, ormai, il suo corpo era diventato un vero e proprio tronco, solido e forte. Anche dei suoi bellissimi capelli non c’era più traccia, perché erano divenuti foglie verdi e rigogliose.

Apollo si ritrovò a stringere tra le braccia un albero di alloro, invece che ninfa tanto amata.
Pianse e soltanto in quel momento, quando ormai Dafne era sparita, capì che a ridurlo così non era stato tanto Eros, quanto la sua vanità. Cosa gli importava di essere più bravo con l’arco e le frecce, se poi gli spettava tutto questo dolore? Avrebbe preferito, piuttosto, non saper fare nulla.
Si maledisse per aver sminuito il potere del dio, provocando la sua atroce e terribile vendetta che non solo si era scagliata su di lui, ma anche su chi non c’entrava nulla.

Toccò l’albero che fino a poco prima era la sua ninfa e sentì di non poterla abbandonare così.
Decise che in sua memoria, da quel giorno, l’alloro sarebbe stato la sua pianta.
Strappò un ramoscello con alcune foglie e se lo avvolse attorno al capo.
Dafne, il suo amore, lo avrebbe accompagnato per tutta l’eternità.

Il concorso letterario

Il tema.

Il tema scelto per il concorso 2015/2016 è: Amor-art-e:  trovare ispirazione in un'opera d'arte che sia un quadro, una statua, un disegno o una fotografia di artisti conosciuti, per scrivere un racconto che fosse una vera e propria "opera d'arte". Ringraziando tutti i partecipanti pubblichiamo il racconto vincitore di Chiara Marsano ispirato alla bellissima scultura di Apollo e Dafne.

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