top of page

Libri sulla dignità delle donne per le prostitute minorenni dei Parioli – due punti di vista

I FATTI

A Maggio del 2013, una liceale quindicenne dei Parioli inizia a prostituirsi, seguita pochi mesi dopo dalla sua migliore amica, più piccola di un anno.
Entrano in un giro di prostituzione di lusso gestito da Mirko Ieni, 34 anni, affittuario dell’appartamento dove si svolgevano i loro incontri con gli uomini, e Nunzio Pizzacalla, che li organizzava e fissava le tariffe.
Iniziano ad avere molti soldi, a farsi di cocaina, vanno a letto con uomini ricchi e insospettabili (tra cui il marito di una nota parlamentare).
La madre della ragazza più piccola era a conoscenza dei fatti e incoraggiava la figlia a continuare, mentre la madre della più grande, quando l’ha scoperto, ha sporto denuncia.
A Mirko Ieni sono stati dati nove anni e quattro mesi di carcere (invece dei sedici che aveva chiesto l’accusa), a Nunzio Pizzacalla sette anni, alla madre della ragazza più piccola sei anni e quattro mesi. La giudice Paola Di Nicola (approfondimento a fine pagina) ha però proposto anche una sentenza decisamente innovativa: a una delle ragazze non sarà riconosciuto un risarcimento in denaro per i danni morali, ma trenta libri e DVD sulla dignità femminile acquistati da uno dei clienti condannati. Abbiamo raccolto due diversi punti di vista su questa proposta che, indubbiamente, è destinata a far discutere.

Un nuovo modello di iustitia

di Michela La Fauci e Marco Pedone 

Roma
Prostituzione minorile: questa volta due adolescenti di quattordici e quindici anni.  Ricevevano e gestivano i clienti come un esercizio meccanico, senza pensare alle conseguenze. La voglia di denaro, la patologica avidità, impossibile da saziare, che spingeva le ragazze a vendersi per un tornaconto puramente economico, soverchiava la lucidità delle due giovani. Consapevoli dell'atto, ma non delle conseguenze, le due adolescenti sono state coinvolte in un turbine di clienti copioso, tendente a espandersi sempre più: la lista è lunga, e fioccano anche nomi altisonanti della Roma ''bene'' e della scena pubblica. La conclusione della vicenda sarebbe scontata e quasi prevedibile, come d'altronde già successo per altre sentenze simili: condanna a nove anni e quattro mesi per l'organizzatore del giro di prostituzione, uno o due anni per gli altri indagati, la perdita della potestà genitoriale per la madre di una delle minori e per uno dei clienti, il quale aveva richiesto di essere giudicato secondo il rito abbreviato, due anni di reclusione e un risarcimento per danni morali. Tutto ordinario e abituale se non fosse che il risarcimento accordato dalla giudice a una delle due baby prostitute ha dell’incredibile: niente soldi, ma 30 libri e due film sull’identità femminile e il femminismo. Da Emily Dickinson a Virginia Woolf, passando per Natalia Ginzburg, Oriana Fallaci, Anna Frank e autrici contemporanee come Silvia Ballestra, Igiaba Scego e Melania Mazzucco. La parte civile aveva chiesto un risarcimento di ventimila euro, ma la giudice l’ha respinta.

La scelta è sicuramente innovativa e singolare, ma dietro al velo scontato e forse un po' romantico del ''libro che insegna'' vi sono ragioni molto più intrinseche: in primis, essendo stato il denaro la causa e il fine principale che ha spinto le due adolescenti a vendere il proprio corpo, ripagarle con lo stesso mezzo che le ha portate a prostituirsi sarebbe risultato inefficace e soprattutto non avrebbe dato alcuna lezione (se di insegnamento vogliamo parlare) alle ragazze. Secondo la giudice Paola de Nicola, risarcendo il danno morale con ventimila euro, lo Stato

“Non ero felice per niente […] cercavo di mettermi nei panni di una persona che stava facendo un lavoro normale, di dimenticare di avere quattordici anni’’.

Sono pochi, quattordici anni. Proprio pochi, specialmente per entrare in un giro di prostituzione seguendo la tua migliore amica. Fino a qualche mese fa eri una ragazza normale, frequentavi il liceo classico, facevi sport, uscivi con le tue compagne. Poi una di loro inizia ad avere soldi, tanti soldi, e tu decidi di seguirla. E così comincia il tuo incubo, cominciano le foto, gli annunci su internet, gli incontri con uomini che potrebbero essere tuo padre, sfruttata e ricattata non solo da loro, ma da un’intera società omertosa e sessista.

A scuola tutti sanno che sei tu.

Ti incontrano in corridoio e ti guardano, sei vestita firmata, e lo sanno che ,se puoi permettertelo, è perché ti prostituisci. Anche tua madre sa, ma non ti protegge, anzi: tu a prostituirti ci devi andare. I soldi servono, a te e a lei, tuo padre non c’è, in qualche modo bisogna pur vivere. “Se devi studiare t’organizzi’’. 

Roma Nord, Parioli.

Un liceo della ‘’Roma bene’’, eppure casi di omofobia, razzismo e bullismo non mancano. L’immagine femminile proposta agli studenti è ancora quella di una donna sottomessa, mercificata, asservita al suo uomo.

Sarebbe superficiale giudicare la vicenda basandosi solo sulla dinamica dei fatti, senza riflettere sul contesto che ha contribuito a una così forte svalutazione della propria sessualità.
E’ facile dire che se lo sono meritate, tutto questo, è facile dire che l’hanno scelto loro, perché in effetti così è stato, l’hanno scelto. All’inizio.E’ facile entrare nel giro della prostituzione, nemmeno te ne accorgi che già non puoi più uscire. Ci sono foto, video, messaggi che tu hai scritto, prove di cose che tu hai fatto, sei in trappola.

La ragazza più piccola aveva, come è emerso dalle intercettazioni telefoniche, più volte cercato di tornare a vivere come una quattordicenne normale,

avrebbe confermato nella ragazza la convinzione che il suo valore non è l’unicità e la dignità di persona, ma è un valore quantificabile e indennizzabile solo attraverso il denaro. Per la giudice˛inoltre, l’imputato avrebbe continuato a replicare, pagando, la stessa modalità di relazione stabilita con l’adolescente. Senza contare che con l’acquisto dei libri, anche l’imputato può avere un’occasione per prendere consapevolezza di quanto valga la ragazza, la sua dignità e ciò che rappresenta come donna. Innegabile che la giudice stessa sia sensibile al problema della violenza sulle donne e incline a trarre conclusioni di parte, ma in questo caso non è stata di certo una didascalica lezione di stampo femminista, ma ne è scaturito un vero e proprio esempio di moralità. La scelta di queste autrici infatti non è casuale. Le scrittrici scelte dalla giudice sono donne che hanno lottato per i diritti e la dignità femminile, donne sofferenti, donne che hanno avuto coraggio e donne che non hanno voluto rimanere nell’ombra. La sentenza non solo è stata equa e corretta nei confronti della giovane, tenendo anche conto delle adeguate condanne attribuite ai vari indagati, ma è diventata anche un modello di ''iustitia''. Essa potrà aiutare la ragazza a capire che il vero danno da lei subito non è monetizzabile, ma sta nella lesione della sua dignità e nella svalutazione del suo essere un’ adolescente donna. L’impresa in cui dovrà riuscire è quella di accrescere la consapevolezza di un significato di sé che non svilisca la sua persona. Un’impresa che ha riguardato le donne di ieri, e riguarda quelle di oggi e di domani.

ma era la madre a costringerla. “Ci servono quei soldi, puoi organizzarti con lo studio, se non ci riesci ti ritiro da scuola’’. Le prostitute non sono mai sole. O meglio, lo sono nella discriminazione, nella vergogna, negli insulti della gente, ma sono sempre controllate da qualcuno, qualcuno che in questo caso è stato sì punito, ma a cui nessuno ha imposto un’educazione, come è stato fatto con le ragazze.

Niente soldi, ma libri. Libri sulla dignità della donna, perché sono le ragazze che devono imparare come comportarsi, non gli sfruttatori che devono imparare a considerarle persone, donne con una dignità e non oggetti in affitto.

La sentenza della giudice non è totalmente sbagliata, anzi, ben venga l’educazione al posto della semplice punizione, nella maggior parte dei casi. Ma non in questo, perché si rivolge alle vittime e non ai carnefici. Viviamo in una società che tralascia e svaluta l’importanza dei centri antiviolenza, taglia i finanziamenti ai consultori, non investe in campagne per le pari opportunità e lascia che si pensi che le donne siano inferiori.

E’ innegabile la necessità di un percorso riabilitativo e formativo per le due ragazze, non fatto di libri, saggi e romanzi, ma con l’aiuto di psicoterapeuti e assistenti sociali.

In questo caso, Virginia Woolf e Emily Dickinson potrebbero insegnare di più agli uomini che le hanno sfruttate che a loro, che, forse, avranno già capito di aver sbagliato.

Hanno perso gli amici, la dignità, l’opportunità di avere un’adolescenza normale, sono state giudicate ed etichettate come il simbolo di una generazione che sta toccando il fondo.

Hanno già avuto la loro condanna.

Da quei libri, sono i maschi ad aver ancora molto da imparare.

E se i libri li leggessero i maschi?

di Ilaria Bonazzi e Luca Caprioni Grasso 

Chi è Paola di Nicola?

di Ludovica Albanese

Paola Di Nicola, nata il 2 aprile 1966, è una giudice dibattimentale del tribunale penale di Roma, molto attiva nel contrastare la violenza sulle donne e nel promuovere la parità dei generi. Nel 2012 ha pubblicato il libro “La giudice. Una donna in magistratura” sulla questione della differenza di genere in magistratura, partendo dalla sua esperienza personale e professionale. Attraverso i suoi occhi vediamo come la donna in politica sia “perseguitata” da pregiudizi e come ogni giorno li combatta.

Nel dicembre 2013 è stata nominata Wo-Men Inspiring Europe 2014 dall'Agenzia dell'Unione Europea EIGE (European Institute for Gender Equality) per il ruolo avuto “nella costruzione di una società libera dagli stereotipi di genere”.

La giudice, mettendo “le lenti di genere”, cioè guardando la realtà che la circonda cercando di capire quali ruoli abbiano gli uomini e quali le donne, ha scoperto che la maggior parte dei reati sono commessi da uomini; questo perché gli uomini hanno più ruoli di potere rispetto alle donne.

Per abolire questa visione patriarcale della famiglia e della società, la giudice pensa che i pregiudizi e la violenza contro le donne si possano contrastare solo differenziando i due generi e rispettandoli senza alcuna imposizione di modelli costruiti da una società e da una cultura fondata sulla sopraffazione di un genere sull’altro

E tu? Come la pensi? Lascia un commento per farcelo sapere!

bottom of page